Chiusa per indifferenza
I nostri politici sui giornali locali litigano come scolaretti accusandosi reciprocamente d’incompetenza e di sperpero di denaro pubblico.
I cavalli di battaglia sono sempre gli stessi: l'Interporto, il Centro Servizi, la Cava di Cafiero, i lavori per la nuova Piazza della Costituzione. Dejavu e rabbia.
E intanto nessuno nota la presenza di un altro spreco di denaro della comunità cittadina che l’ecatombe senza fine dei profughi nelle acque del Mediterraneo dovrebbe far balzare subito agli occhi. Mi riferisco alla Casa della Speranza della Parrocchia "San Ferdinando Re", finanziata a caro prezzo con i soldi della comunità cittadina, con i risparmi e i sacrifici di molte persone generose, inaugurata il 29 novembre 1992, utilizzata per pochi anni e oggi ancora chiusa.
È scandaloso constatare che l'immane sofferenza di milioni di persone, le morti continue di centinaia di migliaia di esseri umani non smuovano di uno iota le coscienze di tanti cristiani perbenisti e devoti che, con la loro inerzia e con il loro silenzio, contribuiscono a tenere chiusa quella Casa della carità che avrebbe dovuto accogliere la povera gente.
La Germania e l’Austria aprono le loro frontiere ai profughi, la squadra di calcio del Bayern apre il suo stadio ai migranti per farli giocare a calcio e insegnare loro il tedesco, il vescovo di Torino, Cesare Nosiglia, invita ad accogliere 5 profughi in ogni parrocchia, ma nella nostra comunità cristiana le priorità in agenda sono ben altre: raccogliere denaro per l’oratorio, dove far giocare persone grassocce in tenuta Lacoste, pubblicare libri che emanano tanfo di polvere e muffa, organizzare feste patronali, restaurare statue e sparare fuochi d'artificio.
Nella comunità cristiana locale parti consistenti del Vangelo di Gesù Cristo sembrano essere relegate alla dimensione della pseudocultura parolaia, senza alcun margine di consistenza pratica. A grandinate di parole dotte non corrispondono altrettanti fatti, e la Casa della speranza resta chiusa per indifferenza.
Nella Chiesa cattolica, di ieri e di oggi, chi tenta di scuotere i credenti dal torpore dell’indifferenza e aprire le porte ai diritti degli emarginati fa immancabilmente una brutta fine.
È successo a Mons. Jacques Gaillot, vescovo nonviolento dei poveri della non-diocesi di Partenia, in Algeria, "una diocesi che esiste solo sulla carta". Un uomo d’azione, nello spirito del sogno evangelico di Gesù Cristo, antimilitarista, antinuclearista, ecologista. Nel 1983 è uno dei due vescovi (solo due) che votano contro il documento episcopale sull’uso dei missili nucleari come armi di dissuasione. Contrario alla guerra del Golfo. Nel 1995 si imbarcò sulla Rainbow Warrior di Greenpeace per manifestare contro gli esperimenti nucleari francesi nell’atollo di Mururoa. Se la Chiesa Cattolica fosse guidata dallo spirito del Vangelo, un vescovo così sarebbe diventato Papa e invece, per il suo impegno contro le leggi sull’immigrazione in Francia, per aver scritto un libro dal titolo “Reprimenda contro l’esclusione", e soprattutto per il suo impegno a favore dei poveri e degli emarginati, fu rimosso dalla diocesi di Evreux. Oggi “la non-diocesi di Partenia è divenuta il simbolo di tutti coloro i quali, nella società come nella Chiesa, hanno la sensazione di non esistere”. L'1 settembre 2015, Papa Francesco ha incontrato fraternamente Mons. Jacques Gaillot a Roma. Hanno parlato in semplicità dei poveri, ma non credo che cambierà alcunché.
Nella Chiesa cattolica si possono rimuovere i vescovi che lottano per i diritti dei poveri, così come si possono ostracizzare i laici dalle parrocchie per il medesimo motivo. La storia non cambia. La fedeltà al Vangelo, con le sue istanze di pace e giustizia, è da sempre causa di persecuzioni. Beati noi.