Cieca obbedienza
La sudditanza degli adulti-bambini
Chi di norma obbedisce lo fa per abitudine, senza rendersi conto del fatto che sta obbedendo. E’ inconsapevole. Lo ha sempre fatto. Ha obbedito alla mamma e al papà, alla maestra, al prete, al professore, allo Stato, al partito, al capufficio, al pensiero dominante.
Ha obbedito in nome della tradizione alla triade “religione-patria-famiglia” (2), che conferisce all’uomo dipendente dall’autorità la protezione e la sicurezza di cui ha bisogno e promette di metterlo al riparo dagli errori, che sono tollerati e perdonati al subordinato da quello stesso sistema che perseguita duramente il dissenso degli uomini liberi, perché minaccia di compromettere gli assetti di potere consolidati. La disobbedienza viene giudicata dal sistema come eresia, malvagità, tradimento dei sacri valori tradizionali di religione-patria-famiglia.
Ma l’obbedienza a un ordine ingiusto o a un’autorità ingiusta, in quanto contrari alla libertà e alla dignità dell’uomo, non è inevitabile. Benché la propaganda del sistema dipinga l’obbedienza come una virtù da perseguire, essa è la “più subdola delle tentazioni”. (2)
Solo un uomo maturo ed equilibrato è capace di gesti di disobbedienza. L’uomo libero conserva autonomia di giudizio e cammina, spesso in solitudine, su un sentiero poco battuto, esposto al rischio costante dell’errore o del peccato. Egli è libero dalla paura del potere, non teme gli errori, l’emarginazione, la solitudine.
Di segno opposto agli uomini liberi sono gli adulti affetti da “nevrosi infantile” (3), che nella loro mente sono rimasti ancora bambini. Essi sono dipendenti dagli altri e per ovviare alle loro insicurezze si attaccano all’autorità come una cozza allo scoglio. Come bambini sono alla ricerca di una personalità genitoriale surrogata e quando infine la trovano, che sia una religione, una setta, un partito o un’ideologia, poco importa, ripongono in essi il loro desiderio di protezione e sicurezza e in cambio giurano eterna fedeltà.
Questi adulti non pienamente sviluppati, hanno il terrore di essere liberi, di restare soli e sono incapaci di disobbedire al potere. Sono persone insicure prive di fiducia in se stesse e rappresentano il profilo del suddito ideale: condiscendente, arrendevole e obbediente verso l’autorità. Essi, inoltre, mettono ogni cura nell’evitare le proprie responsabilità. Come ogni bambino, delegano a chi comanda. Non aspettano altro che farsi indottrinare e obbedire al leader, al gerarca, al tiranno di turno, perché ciò che più conta è essere sollevati da ogni responsabilità e dal dilemma della libera scelta.
D’altra parte, chi governa ha bisogno di reclutare come ausiliarie persone prive di fiducia in se stesse, disposte a subire il lavaggio del cervello e sottomesse quanto basta a perpetuare il proprio potere, la cui riproduzione dipende dalla sudditanza volontaria di chi ha deciso che è meglio servire che essere liberi.
“Nell’attuale fase storica, la capacità di dubitare, di criticare e di disobbedire può essere tutto ciò che si interpone tra un futuro per l’umanità e la fine della civiltà”. (4)
Note
(1) Cfr. Padre Alberto Maggi, biblista, http://www.ildialogo.org/parola/undiocheserve04012005.htm
(2) Don Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965.
(3) Giulio Cesare Giacobbe, Alla ricerca delle coccole perdute, Ponte alle Grazie, Milano, 2004, p. 123
(4) Erich Fromm, La disobbedienza e altri saggi, 1963