Investire nelle rinnovabili è un’operazione di pace che dà scacco matto alla democratura di Putin
I venti di guerra che stanno scuotendo il cuore dell’Europa hanno evidenziato, ancora una volta, la patologica dipendenza dell’Italia dal metano, fornito per il 46,8% dalla Russia, un Paese con un’economia penosa, che vive principalmente dei proventi derivati dalla vendita di gas e petrolio.
I russi esportano nel mondo cinque prodotti: gas, petrolio, grano, concimi chimici e kalashnikov. Quando gli italiani hanno comprato un prodotto con l’etichetta “Made in Russia”?
La forza militare della democratura presieduta da Vladimir Putin è finanziata dalla vendita di gas e petrolio, che da soli coprono il 40% del bilancio federale della Russia.
La volubilità del prezzo di mercato del metano, unita alla dipendenza dell’economia europea dalle fonti fossili, costituisce una delle più gravi vulnerabilità, su larga scala, per il nostro Paese e uno dei più grandi ostacoli alla pace nel mondo.
Oggi, quasi tutti hanno capito che l’emancipazione dell’Italia dal metano e dalle energie fossili non è solo un obiettivo ecologico, ma è anche una lungimirante operazione di pace.
L’exit strategy dal fossile avverrà necessariamente con il passaggio da una produzione centralizzata di grandi quantità di energia prodotta con i combustibili fossili — venduti da varie dittature e democrature — ad una produzione decentralizzata e pacifica di energia rinnovabile, prodotta ovunque. Le fonti rinnovabili (solare, eolico e geotermico) sono per loro natura democratiche, perché disponibili, in varia misura, dappertutto.
Le energie verdi, se organizzate in microreti e affiancate da sistemi di stoccaggio e backup a batteria, hanno la potenzialità di rendere autosufficienti le città. I sistemi di storage a batteria sopperiscono egregiamente alla produzione incostante e non programmabile di fotovoltaico ed eolico. Le microreti locali sono flessibili ed efficienti e possono operare in modo indipendente dalla rete elettrica nazionale, subentrando in situazioni di emergenza o in caso di blackout provocati dalla crisi climatica, il cui rischio per la sicurezza della popolazione è emerso chiaramente nel corso delle ondate di calore mortali che hanno colpito il Canada e gli Stati Uniti nell’estate del 2021.
Oggi l’Italia produce un misero 17,4% di energia da fonti rinnovabili (dati GSE). Per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e sperare di contenere l’aumento delle temperature globali non oltre 1,5°C, rispetto all’era pre industriale, c’è bisogno di aumentare, in tempi rapidi e in modo significativo, la produzione nazionale ed europea di energia rinnovabile.
In questi giorni di guerra l’Europa getta benzina sul fuoco del conflitto in Ucraina con l’annuncio, senza precedenti, di voler finanziare, con il bilancio comunitario e per la gioia dei mercanti d’armi, l’acquisto di armamenti per l’Ucraina. Come reazione alla guerra in corso, il cancelliere tedesco Olaf Scholtz ha deciso di rafforzare il sistema difensivo della Germania con l’acquisto di sistemi d’arma per un valore di 100 miliardi di euro. L’Europa e la Germania si privano di ingenti risorse per curare un male che andava prevenuto anni prima con la rivoluzione delle energie rinnovabili.
All’attuale ritmo degli investimenti, l’Europa impiegherà ancora 10 anni per liberarsi dal gas e dal petrolio russi.
Il messaggio di pace per l'Ucraina lanciato dalla meravigliosa sede di Greenpeace Germania ad Amburgo (vedi foto) racchiude un imperativo non più procrastinabile: se vuoi la pace, prepara la pace, a partire dagli investimenti nelle energie rinnovabili.
A tal proposito, si noti sul tetto della sede di Greenpeace Germania la presenza di tre turbine di micro eolico urbano dal design fantastico, perfettamente integrate nell’ambiente circostante.