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Le morti differite delle feste cristiane dal cuore inaridito

Sono storie di vita e di morte legate da un sottile filo rosso alle Feste patronali dei cristiani cattolici che ancora oggi mischiano le loro preghiere, devozioni e superstizioni all'odore di polvere da sparo.

Un'amica, tempo fa, mi raccontava, con viva commozione, di un suo parente morto nell'esplosione della fabbrica di fuochi d'artificio in cui lavorava. Aveva ancora nitido il ricordo di lui che barcollando usciva dalla fabbrica, col corpo dilaniato e le budella di fuori prima di stramazzare a terra e spirare.
Oggi apprendo dalla stampa, che a San Giovanni di Ceppaloni, in provincia di Benevento, i vigili del fuoco e i carabinieri, accorsi sul luogo in cui è esplosa una fabbrica di fuochi pirotecnici, hanno rinvenuto a 700 metri di distanza dalla fabbrica disintegrata dall'esplosione i resti del corpo di Ruggiero De Blasio, il trentaduenne titolare dell'azienda "Piroflash". La famiglia De Blasio ha subito tre lutti a causa della stessa attività, la produzione di spettacoli pirotecnici.
Sono storie di vita e di morte legate da un sottile filo rosso alle Feste patronali dei cristiani cattolici che ancora oggi mischiano le loro preghiere, devozioni e superstizioni all'odore di polvere da sparo.

Quanti incidenti simili e quanto sangue dovrà essere versato, quanti bambini in Cina dovranno essere sfruttati nella produzione di fuochi d'artificio per suscitare nei committenti di spettacoli pirotecnici un principio di senso di colpa?
Quale vescovo, parroco o Comitato festa patronale si ritiene moralmente responsabile di queste morti differite?
Per quanto tempo gireranno la testa fingendo di non vedere l'abisso di vuoto delle loro feste patronali dal cuore inaridito? Le feste insanguinate dei cristiani sono uno dei tanti sintomi di una Chiesa cattolica in avanzato stato di decomposizione. Feste senza vitalità, pensate e volute da persone paralizzate dalla paura, incapaci di attività o iniziative creative che al flusso vitale della giustizia e della carità oppongono il boato eloquente dei botti, rumore cinico che sovrasta il grido dei bisognosi.

Ogni morte ingiusta, ogni cieca violenza, ogni diritto umano calpestato dovrebbero suscitare nel credente un moto di sana indignazione. Ma l'indignazione degli atei devoti dura meno di uno sbadiglio. Con qualche rara eccezione.
La Campagna nazionale "Meno fuochi d'artificio, più compassione" è stata, per qualche anno, la testimonianza che alcuni cristiani sono ancora capaci di indignarsi e costruire percorsi di giustizia, dimostrando con esempi concreti che le cattive tradizioni, con il loro carico di violenza strutturale, sono reversibili. È un sogno che continuerà a sopravvivere nel tempo ai soprusi dei parroci padroni e all'ignavia dei vescovi reticenti in ogni angolo d'Italia.
Tra qualche decennio o tra qualche secolo, ne sono certo, l'accresciuta sensibilità dell'opinione pubblica condannerà i fuochi d'artificio durante le feste patronali, come oggi sta iniziando a fare in Spagna con lo spettacolo crudele della corrida.
Il silenzio ipocrita degli onesti è stato rotto e a nulla valgono gli scomposti ostracismi di una comunità cristiana dallo spirito settario verso chi ha sollevato la scomoda questione. Un piccolo seme è stato gettato nel solco della storia. Un lascito e una preghiera che profuma di futuro.

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