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Lo avevo detto non rende giustizia a sufficienza

Ieri sera, in via Massimo d’Azeglio a San Ferdinando di Puglia, si è sfiorata una tragedia. Quando il pino d’Aleppo, a causa delle forti raffiche di vento, si è schiantato a terra c’erano tre persone su quella via.

Una madre con un parente attendeva il figlio nei pressi del Poliambulatorio A.S.L. FG/2. Il pino si è improvvisamente schiantato a terra pochi secondi prima che il figlio la raggiungesse, frapponendosi tra il lui e la madre. Se il pino fosse caduto con un’inclinazione diversa poteva scapparci il morto.

È da alcuni mesi che scriviamo in merito alla pericolosità dei pini d’Aleppo, alberi troppo alti, troppo pesanti e con apparato radicale troppo superficiale e quindi inadatti ad essere collocati in contesti urbani soprattutto in epoca di cambiamenti climatici.

Ed è per questo che, dopo aver ascoltato e letto attentamente i pareri tecnici di laureati in Scienze Forestali e Ambientali, possiamo concludere che i pini presenti a San Ferdinando di Puglia andrebbero immediatamente abbattuti e sostituiti altrettanto velocemente con alberi piu’ adatti alle esigenze della vita in città e ai pericoli legati al clima impazzito che colpisce ovunque come una roulette russa.

L’unica certezza è che questi eventi meteorologici estremi colpiranno con sempre maggiore frequenza e intensità. Il verde pubblico deve adeguarsi di conseguenza per garantire l’incolumità pubblica.

Diffidate delle farneticazioni dei politicanti, con credibilità pari a zero, che strumentalizzano ogni cosa che si muove per trarne vantaggio personale.

Quando si parla di alberi brandiscono le categorie manichee di verde e cemento, collocando immancabilmente se stessi tra i difensori del verde e tutti gli altri tra i partigiani del cemento. Lasciamoli blaterare inascoltati nella loro solitudine.

Leggiamo, invece, il parere degli esperti in materia di arboricoltura che, 9 marzo 2015, abbiamo pubblicato su Uomoplanetario.

Mille pini caduti in Versilia. quelle piante vecchie e fragili

Alcuni giorni fa abbiamo intervistato due laureati in Scienze Ambientali e Forestali, che lavorano nel Nord Italia, sul sempre più diffuso ricorso all’abbattimento dei pini nelle zone urbane.

Ecco le loro risposte:

Esperto 1: "Il fatto è che spesso il verde urbano è affidato ad ingegneri o architetti che di botanica non sanno nulla. Il pino....purtroppo crea questi problemi e....mi dispiace dirlo ma non c'è altra soluzione (che io sappia) a meno che non abbiano messo a punto una tecnica nuova. Il problema va affrontato a monte, cioè stabilire a priori le specie arboree da utilizzare, onde evitare spese future.....di abbattimento”.

Esperto 2: "Purtroppo a malincuore non c'e soluzione. Queste piante sono state messe senza criterio!! Quindi se il sollevamento del marciapiede è così evidente il taglio è inevitabile”.

Ma questi sono dei “semplici” laureati in Scienze Forestali e Ambientali. Vediamo cosa ne pensa Francesco Ferrini, uno dei massimi esperti di arboricoltura, ordinario di scienze vivaistiche all’università di Firenze, intervistato da Simona Poli per “La Repubblica”.

“Troppo vecchi gli alberi delle nostre città. vecchi e sbagliati, pensati per un altro tempo, per spazi diversi, per un clima che non era ancora impazzito. Cadono per colpa del vento eccezionale, certo, ma anche per la loro fragilità”. Così commenta la strage del verde avvenuta in Toscana Francesco Ferrini, uno dei massimi esperti di arboricoltura, ordinario di scienze vivaistiche all’università di Firenze.

D. Solo a Firenze sono crollate 260 piante, 1000 pini sono volati via in Versilia, Persino 10 cipressi the Bolgheri hanno ceduto. Che cosa sta succedendo ai nostri alberi?

“Molti sono stati piantati decine di anni fa, alcuni addirittura hanno superato il secolo. Furono scelti per crescere in un ambiente completamente diverso da quello attuale, avevano a disposizione maggior volume di terreno per affondare le radici, più spazio intorno, meno inquinamento. L’Italia ha trascurato per quarant’anni il suo arredo verde urbano e ora facciamo i conti con questa trascuratezza e con la frequenza ormai impressionante con cui si ripetono tempeste record”.

D. Che si può fare adesso?

“Le città stanno diventando sempre più inospitali e non sempre conviene sostituire le piante crollate malate. Ci sono specie che risultano particolarmente deboli come i pini, gli olmi, i lecci, i vecchi cipressi. Nessun platano però è caduto. I platani sono forti rispetto agli altri alberi che perdono le foglie e possono rappresentare una soluzione valida.

Il pino invece è un albero particolare, non dà alcun sintomo di cedimento e va giù all'improvviso, quindi è pericoloso quando cresce troppo vicino alle case.

D. Nelle città invece gli alberi vengono portati ad ogni cambio di stagione. È un errore?

“Errore gravissimo. Noi pensiamo di aumentare la sicurezza e invece facciamo l’opposto. Le piante sottoposte alla ‘capitozzatura’ dei rami si indeboliscono moltissimo, è un fenomeno noto e scientificamente provato. Più li potiamo e più li rendiamo fragili, è una pratica che non conviene né dal punto di vista economico, né per la stabilità dell’albero. I Comuni buttano via soldi e si procurano un danno da soli”.

Serve un verde sostenibile con un ricambio generazionale regolare. in questo si' che ha senso investire risorse".

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