Andiamo a comandare? No grazie
Oggi sono stato avvicinato da una persona che senza preamboli mi ha chiesto: “Stiamo cercando di fare una lista per cambiare le cose. Vuoi candidarti?“
La persona in questione dovrebbe conoscere bene il mio pensiero in merito, perché su Uomoplanetario.org e sui social network ho espresso la mia opinione a riguardo decine di volte e che, di seguito, riporto in estrema sintesi.
Non ho la pulsione irrefrenabile di andare in Consiglio comunale per fare politica. Per me l’esercizio quotidiano della cittadinanza attiva, quella autentica, è potere! Un potere laico e diffuso, che consiste nel potere di cambiare le cose, qui, ora, subito! Un potere di cui il popolo è depositario e che delega parzialmente e a tempo determinato ai suoi rappresentanti istituzionali. Una delega che non dovrebbe essere mai data in bianco, ma gestita, controllata, rilanciata e reindirizzata costantemente dalla cittadinanza attiva, cioè da quelle persone proattive che responsabilmente non abdicano al loro ruolo, perché hanno a cuore il progresso della comunità in cui sono inserite.
In una società democratica, ognuno è libero di scegliere i mezzi più opportuni, coerenti ed efficaci per promuovere idee e proposte di cambiamento che migliorino la vita della propria città. C’è chi decide di farlo candidandosi in libere elezioni ogni cinque anni e chi decide di fare politica ogni giorno gratuitamente in modo diverso, fuori dai palazzi delle istituzioni. La seconda opzione non è meno sana e giusta della prima.
Personalmente non credo nella politica dell’andiamo a comandare, nella semplice conquista del potere istituzionale. Io credo nell’omnicrazia, il potere di tutti, un’idea di democrazia più aperta, che si esercita compiutamente attraverso il controllo moltiplicato dal basso delle decisioni politiche e nell’azione costruttiva nonviolenta diffusa.
Ad ogni modo, gli ho risposto: “No grazie. Io non ho bisogno di candidarmi perché faccio politica tutti i giorni da trent’anni, ottenendo molti risultati concreti”.
Ho più volte dimostrato, a livello teorico e pratico, come i cittadini, muovendo opportunamente la leva dell’opinione pubblica – la fonte del potere – attraverso tecniche idonee, in modo sincronico e sinergico, possano dettare l’agenda degli amministratori comunali, condizionandone le scelte.
Diffido fortemente dei gruppi sgangherati e gruppuscoli che vogliono darla a bere ai cittadini dicendo di voler cambiare le cose a soli tre mesi dal voto. Dov’erano fino a ieri queste persone? Cos’hanno fatto negli ultimi cinque anni per il bene della loro città e perché si decidono solo ora a voler cambiare le cose?
La persona che mi ha avvicinato ovviamente non mi ha parlato neanche per un solo secondo di idee alternative e di programmi, ma solo di una lista da presentare in zona Cesarini per andare a comandare. Ecco definita la motivazione che muove questa gente: potere e stipendio.
È un grave errore credere che sia possibile ottenere un reale e duraturo cambiamento della nostra città semplicemente sostituendo le persone che la amministrano. Non c’è bisogno di scomodare il Mahatma Gandhi per dire che, quando si parla di potere, sostituire una persona con un’altra, un governante con un altro, non offre nessuna garanzia in merito alla volontà di cambiamento, all’onestà, alla responsabilità e competenza. Ciò che sta accadendo a Roma con la Raggi ne è un’evidente dimostrazione.
Non mi si fraintenda. Con ciò non voglio dire che ci sia qualcosa di sbagliato nel focalizzare il proprio impegno sulle prossime elezioni amministrative. Ma chi vuole assolutamente e lecitamente candidarsi, non dovrebbe decidere di darsi da fare solo quando c’è aria di elezioni. Le liste civiche last minute, oltre ad imbarcare spesso carrieristi, opportunisti e loschi figuri, soffrono quasi sempre di visione ristretta e sipsi creativa. La politica fatta bene necessita di tempi adeguati e di studio, perché il suo specifico è la gestione della complessità, che non può essere governata presentando all’ultimo momento banali fogli programmatici per punti raffazzonati e sciatti che rappresentano un insulto alla politica, quella vera, e ai cittadini che desiderano il cambiamento.