Luci, ombre e botti del paesello
Finalmente il primo impianto fotovoltaico pubblico a San Ferdinando di Puglia. Le parrocchie restano ancora a guardare. Una proposta di solidarietà: eliminare il "risveglio pirotecnico" della festa religiosa e devolverne il corrispettivo in denaro per contribuire a sollevare dalle macerie la popolazione abruzzese.
LUCI - Dopo la Cooperativa agricola Coldiretti, con grande ritardo, a San Ferdinando di Puglia, un piccolo paese del tavoliere pugliese, l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Ignazio Silone” è la prima istituzione pubblica a dotarsi di un impianto fotovoltaico (FV).
Guardiamo anche con favore alla decisione dell’amministrazione comunale di prevedere nel Piano per le opere pubbliche 2008/2010 l’installazione di impianti FV su 17 edifici pubblici con un investimento di 2.431 mila euro, che produrrebbero un risparmio per le casse del comune di 75 mila euro annui. Sono piccole luci, segni che le cose possono iniziare a cambiare anche in un paese arretrato del sud Italia come il nostro.
E’ bello veder pubblicate queste rare good news sui mezzi di informazione, mentre, invece, troppo spesso San Ferdinando di Puglia compare sulle pagine dei giornali soltanto per notizie di ordinaria criminalità, incidenti stradali, begucce e accasamenti strani di una politica dei partiti degradata a gioco dei quattro cantoni.
OMBRE - Mentre il Comune e le scuole hanno finalmente rotto gli indugi cominciando a scommettere sul futuro rappresentato dalle energie pulite e rinnovabili, le tre parrocchiedi San Ferdinando di Puglia restano nelle retrovie a guardare, ancorate al passato e ad una religiosità rassicurante ed immobile. Anziché essere specchio del sogno di Dio, avanguardia della società che legge i segni dei tempi e li interpreta alla luce della Buona Novella del Vangelo, lievito di fermento per il pensiero e l’azione civile al sevizio del bene comune, le tre comunità vivono asserragliate nel tempio e fuori dal tempo. Se la Chiesa Cattolica Romana non brilla certo per tempestività d’azione, le tre parrocchie del paesello ne rappresentano la retroguardia.
Oggi in Vaticano le cose si sono mosse. Ci sono documenti e pronunciamenti ufficiali a favore dell’energia FV (i nostri parroci li hanno letti?). Ma anche azioni di rottura con il passato. Ad esempio, il Progetto “Fiat Lux” che prevede un impianto FV su ogni chiesa italiana e un mini generatore eolico su ogni campanile, ed anche la costruzione del più grande impianto FV d’Europa da 100 megawatt, per un costo di 500 milioni di euro.
Otto anni fa, nel periodo in cui in Germania, sui tetti delle chiese cattoliche si installavano impianti FV come quello che vedete nella foto, rivolgemmo alle tre parrocchie la proposta del FV e indicammo ai “gestori” dove prendere i soldi (vedi: Campagna Nazionale “Meno fuochi d’artificio, più compassione”). Le risposte oscillarono dal silenzio tombale a reazioni di manifesta contrarietà.
BOTTI - Alle ore 7 del mattino del 30 maggio 2009, nel giorno della memoria liturgica del Santo Patrono, la tradizione prescriverà (sic!) il cosiddetto “risveglio pirotecnico” (ex diana pirotecnica), una sequenza ottusa di tristissime deflagrazioni, il cui unico risultato è di rompere le “scatole” per dieci minuti ad un intero paese, col pretesto di annunciare l’inizio della festa. Il tutto al modico prezzo (si fa per dire) di mille e cinquecento euro circa. Dieci minuti, 22 botti, 68 euro l’uno. Ad ogni bum va in fumo più del salario giornaliero di un lavoratore, e si assesta un poderoso calcio negli zebedei dei disoccupati!
Nel paesello, per una mezza dozzina di persone, i botti vengono prima di tutto. Prima del dramma della povertà, dell’ecologia, della crisi economica, delle vere esigenze del popolo di Dio.
Nel 2007 e nel 2008 la Casa per la nonviolenza ha proposto gli impianti fotovoltaici per le parrocchie, l’anno dopo i forni solari per le donne africane ma, come sempre, ad essi sono stati preferiti i botti. Quest’anno non parleremo di energia pulita o dei bisogni dei poveri fratelli di colore, ma delle necessità degli “arianissimi” abruzzesi. In periodo di piena crisi economica e con ancora negli occhi le immagini del devastante e tragico terremoto in Abruzzo, ci domandiamo: perché sparare? Cosa c’è da festeggiare? Quando arriva il momento di fermare la giostra? Qual’è la soglia della tollerabilità di certe consuetudini parareligiose oltre la quale è doveroso indignarsi e gridare BASTA? Chi romperà il ciclico frastuono di botti inopportuni, senza cuore, senza colore, senza poesia, uno sprezzante insulto al Vangelo?
LA PROPOSTA - La nostra proposta, quest’anno, è di una semplicità disarmante. Sostituire i botti del mattino con il suono della sirena civica e delle campane e destinare i mille euro risparmiati per contribuire a sollevare dalle macerie la popolazione abruzzese.
L’invito ad un fragoroso risveglio della coscienza sarà accolto da parroco e Comitato Festa Patronale, o ostinatamente rifiutato anche quest’anno? Sembra paradossale che i due interlocutori non riescano ad entrare in risonanza con queste richieste squisitamente evangeliche.
E mentre già si ode il suono delle loro giustificazioni stereotipate e vuote, dure e asciutte risuonano le parole di don Lorenzo Milani, evocato e citato dai cattolici del paesello a convenienza e spesso a sproposito, a commento delle feste religiose di un popolo che “fa dell’assurdità regola e pazzerelli quelli che ragionano. Qui è saggia l’incoerenza e la coerenza è mostrata a dito come strana. Ecco perché considero le feste religiose, per il bagaglio di incoerenze che si trascinano dietro in modo ormai inscindibile, uno degli elementi che hanno portato alla scristianizzazione di questo popolo”.
IL MALE NELLE ISTITUZIONI LOCALI - Al parroco della Chiesa Madre diciamo, quando con tono autodefinito ed autoassolto come “profetico” si lancia in una temeraria reprimenda del male che alligna nelle istituzioni politiche locali, che sarebbe saggio guardare anzitutto al male che alberga in casa propria. Soltanto quando si sarà fatto tutto il possibile per estirpare il male intra moenia, si avrà tempo, energie e soprattutto autorevolezza per additare cio che non va nelle altre istituzioni. (Mt 7, 1-5)
PREDICARE AI SORDI - Pur considerando che ogni processo di conversione incontra delle resistenze, talvolta lunghe e dolorose, ciò non ci impedisce di continuare a lottare contro le resistenze della tradizione al cambiamento.
La sordità ed autoreferenzialità dimostrata in questi anni dall’istituzione che organizza la Festa Patronale ci indurrebbe ad affermare con don Lorenzo Milani che “predicare a chi non è disposto all’ascolto è tempo perso”. Se sarà stato tempo perso lo sapremo presto e con certezza cronometrica. Esattamente alle ore 7.00 del mattino di sabato 30 maggio 2009. Stay tuned!