“Porgi l’altra chiappa”. La pedagogia nera di Papa Francesco

“Porgi l’altra chiappa”. La pedagogia nera di Papa Francesco

Qual è la differenza che passa tra un bambino e un anziano che, con i loro comportamenti, mettono alla prova la nostra pazienza? Per l’anziano vale il quarto comandamento “Onora il padre e la madre”, mentre per un bambino vale la “legge” della sculacciata.

Perché l’anziano merita rispetto e il bambino può essere picchiato senza che la nostra coscienza ne risenta? Perché, per l’odierna sensibilità occidentale, è inconcepibile sculacciare una fidanzata, una mamma, un marito, un collega, un amico, ma un bambino sì? Recentemente Papa Francesco, in occasione di un’udienza generale, ha riferito di un suo scambio con un padre scoraggiato per aver sculacciato suo figlio: “A volte devo picchiare i miei figli, ma mai in faccia per non avvilirli”. ll commento seguente di Papa Francesco desta non poco imbarazzo: “Quell’uomo ha il senso della dignità: se punisce lo fa il giusto”.

Alice Miller, psicanalista e psicologa dell’età evolutiva, studiosa delle ricadute negative delle violenze psico-fisiche sui bambini, nel suo libro “La rivolta del corpo” scriveva:

“Avevo cercato l’appoggio di alcuni cardinali per presentare al Vaticano i materiali che dimostravano quali danni futuri provocassero le percosse date ai bambini; chiedevo di spiegarlo ai giovani genitori. Ma nessuno dei prelati ai quali mi ero rivolta mostrò il benché minimo interesse per il problema, ovunque ignorato ma scottante, dei maltrattamenti inflitti ai bambini. Non ebbi un solo segno di compassione cristiana”.

Che la Chiesa non abbia mai tuonato contro le violenze sui minori già è grave. Ora, addirittura Papa Francesco legittima la “sana” sculacciata, distruggendo decenni di duro lavoro di tanti pedagogisti impegnati a diffondere i principi della moderna pedagogia, per lasciarsi alle spalle l’età buia della cosiddetta pedagogia nera.

Carlos Gonzales, pediatra di fama mondiale, autore del best-seller “Besame mucho”, afferma che “Nel trattare i bambini esistono principi. Anche se adottando certi metodi i nostri figli, forse, mangerebbero meglio o dormirebbero di più, ci ubbidirebbero senza lamentarsi o starebbero un po’ più zitti…, noi non li possiamo usare. (…) Ci sono cose che semplicemente non si fanno”. Avrei voluto sentirmelo dire dal Papa questo semplice principio morale. Ma invece tocca ai laici essere “luce e sale”.

A quanto pare i diritti umani continuano a non piacere alla Chiesa. Nel XVIII secolo Papa Pio VI definì “detestabile” la “filosofia dei diritti umani” (H. Küng). Oggi, con queste considerazioni insidiose di Papa Francesco, la Chiesa dimostra ancora una volta di essere il fanalino di coda della storia.

In molte nazioni occidentali, tra cui Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia, Germania, Austria, se qualcuno picchia un bambino commette un reato penale.

Picchiare un bambino stride paurosamente con i Diritti Universali dei bambini e con quelli dell’uomo in generale. Vorrei ricordare a Papa Francesco che numerosi psichiatri, sociologi e ricercatori hanno raccomandato di mettere al bando le punizioni corporali dei bambini. Abbiamo superato da secoli l’idea di bambino quale “speranza d’uomo”, privo di diritti, e l’idea di infanzia quale “condizione umana imperfetta”. Nel 1925 l’Assemblea Generale della Società delle Nazioni a Ginevra promulgò la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo“, con la quale emerse il riconoscimento della piena natura umana del bambino. Il bambino non è un essere umano a metà. Nessuno, sorretto da sani principi etici, si sognerebbe mai di sculacciare una persona. La sculacciata educativa, in realtà, è un ossimoro, perché la sculacciata non educa. Mortifica e basta.

Non solo la sculacciata non educa, ma innesca una spirale negativa interminabile che porterà il bambino percosso a divenire un adulto che percuote.

Con le botte si costruisce un mondo violento con futuri costi sociali incalcolabili. Bastano dieci minuti dopo una sculacciata per vedere il bambino che l’ha subita riproporre lo stesso copione per cui era stato punito. E’ quanto emerso da una ricerca della Southern Methodist University, negli Usa, pubblicata sulla rivista Journal of Family Psychology. Quanti “giuristi, politici, psichiatri, medici e secondini” (A.Miller) sono chiamati a gestire le conseguenze negative di un’infanzia vissuta a suon di percosse?

Vorrei dire a Papa Francesco che andare a braccio non sempre conviene. Talvolta sarebbe meglio seguire un testo sul quale si è ampiamente riflettuto prima di esprimersi, onde evitare di incappare nello sterile pressappochismo, che tra l’altro non si addice a un gesuita. I discorsi a braccio del Papa, dopo aver raggiunto il picco della simpatia, con questa “uscita” infelice e fuorviante sulle sculacciate, rischiano di segnare il passo ed invertire la curva del gradimento popolare. Ora, ai danni sociali prodotti dalle punizioni corporali in sé, dovremo aggiungere le conseguenze nefaste delle considerazioni pedagogiche superficiali di Papa Francesco che faranno certamente presa sui beoti cristiani, i quali correranno subito dietro la legnaia ad applicare i “sani” principi morali della Chiesa.

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