SOLE: Self-Organised Learning Environments
Come sarà la scuola nel 2030? È vero che un computer non potrà mai sostituire un insegnante e la sua lezione frontale?
Il professore indiano Sugata Mitra - docente di Education Technology alla School of Education di Newcastle e vincitore del Premio Ted 2013 - sta lavorando da anni per contribuire a rivoluzionare la scuola e abbattere il dogma della lezione frontale.
Lo scopo è quello di costruire un modello di scuola innovativa che stimoli nei bambini l’apprendimento autonomo e divertente. Invece, secondo lo schema tradizionale, i bambini al mattino vanno a scuola svogliati e camminano lenti come se andassero davanti ad un plotone d’esecuzione.
Per facilitare un apprendimento efficace, il primo passo è far scomparire ogni elemento interpretato dal cervello dei bambini come una minaccia (esami, voti, rimproveri, punizioni), perché il cervello reagisce negativamente alle numerose minacce di cui è impregnata la scuola.
Il secondo passo che l’insegnamento scolastico deve compiere è un imponente switch: da insegnamento fondato sulla paura all’apprendimento fatto con piacere, perché autoprodotto.
È necessario un cambiamento drastico delle metodologie didattiche. L’apprendimento autonomo e il lavoro collaborativo offrono alla scuola tradizionale la possibilità di cambiare finalmente registro.
Quello che potrebbe essere considerato il futuro dell’apprendimento scolastico iniziò, per caso nel 1999, quando Sugata Mitra offrì un computer fornito di touchpad, collegato ad internet e fissato dentro un buco praticato in un muro, ad alcuni bambini di uno slum di Nuova Delhi, che non parlavano inglese e non avevano mai visto prima di allora un computer.
Se ne andò, lasciando a disposizione dei bambini quello strano oggetto luminescente. Tornato lì dopo tre ore, li trovò che stavano già navigando su internet.
Fu una rivelazione. Sugata Mitra, a quel punto, decise di elevare il livello di difficoltà dell'esperimento. Ritentò nuovamente la sperimentazione in un villaggio sperduto nell’India centrale. Ancora una volta, incastrò un PC desktop in un muro, con materiale scientifico sul DNA, lasciandolo a disposizione di ragazzi di 12 anni che non solo non avevano mai visto un computer in vita loro, ma non conoscevano neppure l’inglese.
Tornato due mesi dopo, interrogò i ragazzi su ciò che avevano appreso e scoprì, con somma meraviglia, che avevano imparato ad usare il computer e a parlare in inglese. Avevano capito che “la replicazione incorretta delle molecole di DNA causa malattie genetiche”.
Gli incredibili risultati di questo esperimento sono stati pubblicati nel 2010 dalla rivista scientifica “British Journal of Education Technology”.
Anche grazie al “metodo della nonna” - che consiste nella presenza di una persona adulta collegata via Skype - in breve tempo i ragazzi raggiunsero, su quello specifico argomento, le prestazioni scolastiche dei loro coetanei che frequentavano le scuole più prestigiose di Nuova Delhi. E tutto questo avvenne con ragazzi di un villaggio poverissimo, senza che questi fossero guidati da un professore di biologia, ma soltanto da un volontario che, attraverso un computer, li stimolava con richieste di spiegazioni e incoraggiamenti.
In un terzo villaggio indiano, Sugata Mitra condusse un altro esperimento con l’utilizzo di un sintetizzatore vocale installato nel PC.
In soli due mesi di esercizio, un gruppo di ragazzi che parlava a stento l’inglese, con una forte inflessione dialettale, esercitandosi da soli avevano trasformato la loro pronuncia in un inglese corretto e senza inflessioni.
In seguito, l’ideatore dell’esperimento “Hole in the wall” si recò in Inghilterra
e prese accordi con un numero imprecisato di nonne inglesi, chiedendo loro di fare volontariato educativo e offrire un’ora del proprio tempo, una volta alla settimana, per connettersi a internet e rispondere via Skype alle richieste di aiuto dei bambini provenienti da ogni parte del mondo.
Vi furono moltissime adesioni e fu creata una rete di nonne tutor volontarie.
Il compito dei tutor adulti è di ispirare, incoraggiare e facilitare il processo di apprendimento autonomo.
Nel 2010, Sugata Mitra si recò in una scuola primaria di Torino e condusse un esperimento in una classe di bambini di 10 anni che non conoscevano l’inglese.
A rendere più difficile la comunicazione contribuì l’assenza degli insegnanti, per tutta la durata dell’esperimento, e il fatto che Sugata Mitra non conoscesse l’italiano.
La prima domanda fu scritta alla lavagna in inglese e riguardava l’estinzione dei dinosauri. I bambini non si persero d’animo e cercarono su Google la traduzione della frase inglese. Una volta tradotta la frase, la risposta alla domanda fu più facile. Alle altre domande i bambini trovarono una risposta seguendo la stessa procedura.
Un altro esperimento si svolse a Clapham, vicino Londra, nella scuola primaria Belleville. Mentre i bambini effettuavano le loro ricerche con gli iPad, venivano osservati da docenti e presidi. Ai bambini furono poste delle grandi domande, di una certa difficoltà, inerenti la medicina.
Al termine della prova, i bambini di quinta classe furono capaci di rispondere ad una domanda sulla fibrosi cistica a cui avrebbe saputo rispondere uno studente del primo anno di una facoltà di medicina.
Nel 2013, Sugata Mitra vinse il Ted e investì il premio da un milione di dollari nel suo progetto School in the Cloud.
Dopo 13 anni di ricerche e di esperimenti in giro per il mondo e dopo gli evidenti successi conseguiti, Sugata Mitra si convinse a compiere un passo ulteriore, creando una piattaforma, quella che lui chiamò SOLE: “Self-Organised Learning Environments“, “ambienti di apprendimento auto-organizzati”, ossia stanze accoglienti, dotate di tavoli e sedie confortevoli, per ospitare gruppi di bambini che apprendono in modo collaborativo davanti ad un computer collegato ad internet e dotato di un grande monitor. Completano la dotazione una lavagna e blocchi di carta per prendere appunti.
La ricerca della conoscenza parte dalla formulazione di grandi domande, che permettono di collegare più argomenti tra loro. I quesiti affrontati non hanno una risposta semplice e spesso sono di una difficoltà di gran lunga superiore all’età dei bambini a cui sono rivolti.
Le domande (ad es. “Cos’è il fordismo?”, “Come fanno i vaccini a prevenire le malattie?”), formulate evitando di semplificare il linguaggio, sono proposte dall’educatore.
La sfida viene lanciata e i bambini sono liberi di entrare in questa nuova avventura intellettuale. All’educatore non resta che mettersi “in un angolo e ammirare le giuste risposte”. (Sugata Mitra)
Ad ogni sessione di apprendimento gli studenti sono invitati ad organizzarsi in gruppi spontanei di quattro/cinque bambini per ogni computer e ad esplorare il Web alla ricerca della risposta giusta. Al termine delle ricerche, un bambino, in rappresentanza del gruppo, condivide con gli altri gruppi il risultato del lavoro svolto.
Il coach invita ad apprezzare le differenti risposte date dai gruppi. Di solito segue un dibattito per discutere le differenti soluzioni e su come si è giunti a quelle conclusioni.
Nel corso della ricerca, il gruppo si imbatte in vari problemi che impara a risolvere autonomamente, aumentando l'attitudine di ciascun membro del gruppo al problem solving.
Il risultato, verificabile da chiunque, in ogni parte del mondo, ha adottato la piattaforma SOLE, mostra che con l’applicazione del metodo di apprendimento minimamente invasivo gli alunni imparano in modo rapido e acquisiscono il know how per la ricerca della risposta più appropriata alla domanda di partenza.
I tredici anni di sperimentazione che Sugata Mitra ha effettuato in India e in Inghilterra hanno evidenziato le enormi potenzialità della tecnologia digitale nel promuovere l’apprendimento autonomo di bambini e ragazzi.
Note
1. Sudata Mitra, Il buco nel muro. Come i bambini delle bidonville imparano usando liberamente il computer, Effatà editore.
2. Sito internet della School in the cloud: www.theschoolinthecloud.org. Nella Biblioteca della School in the Cloud presente sul sito è possibile consultare un elenco di grandi domande.