La riserva indiana degli adoratori di statue è il “rumore del mondo”
Affinché tutti sappiano che gli adoratori di statue sopravvivono ancora alla secolarizzazione di una società di senza dio, vi rompiamo periodicamente i timpani per rammentarvelo.
In quest’era di deprecabili diritti umani non possiamo più ardervi sul rogo, torturarvi a morte, incarcerarvi e punirvi in vari modi sadici, come abbiamo fatto nei secoli bui della Chiesa cattolica. Permetteteci almeno di rompervi le scatole con i fuochi d’artificio a tutte le ore di ogni festa religiosa.
Nella nostra tribù questa violenza acustica periodica, imposta a chi la pensa o crede diversamente, e agli esseri viventi del Creato, non è un superstizioso rito apotropaico, noi la chiamiamo fede. Non la fede nel Vangelo di Gesù Cristo, ci mancherebbe. Lui ci invita a volare alto, ad essere “la luce del mondo”. (Mt 5,13-16) Ma noi idolatri siamo orgogliosi di razzolare a terra come “un aquila che si crede un pollo” e di essere con pervicacia “il rumore del mondo”.