Ora di classe e torta di classe. Così gli alunni danesi coltivano l’empatia
Lo chiamano Klassen Time. Una sorta di rito danese che tutte le scuole di ogni ordine e grado fanno proprio.
Almeno una volta a settimana, per un’ora, gli alunni danesi dai sei ai sedici anni, in classe interrompono qualunque tipo di attività didattica, creano un’atmosfera piacevole e parlano. Se ci sono stati problemi in settimana cercano di risolverli, altrimenti si rilassano insieme, se vogliono parlare di qualcosa in particolare lo fanno. Alcuni docenti sistemano una scatola in cui gli studenti possono inserire in anonimato un argomento di cui desiderano parlare oppure delle considerazioni su eventuali cose positive avvenute in classe.
In questa occasione gli studenti mangiano insieme una torta, che prende, non a caso, il nome di Klassen Time Kage, la torta dell’ora di classe. Una torta così importante in Danimarca da avere una ricetta tutta sua. Chi non vuole preparare la Klassen Time Kage può portare qualunque tipo di buon cibo da mangiare con i suoi amici.
Questo momento apparentemente “vuoto” è in realtà un grande investimento di tempo. Gli studenti imparano così a fare gruppo, a connettersi tra loro, a stare insieme, a comunicare, a conoscersi, a risolvere in modo appropriato i problemi.
Quando il contesto migliora, le ricadute positive sull’apprendimento diventano evidenti. Chi sta bene emotivamente apprende meglio. A che serve la corsa forzata mossa dall’ossessione per i programmi se poi gli studenti non imparano nulla? Una sorta di fariseismo dell’apprendimento.
La scuola ha sempre più bisogno di un approccio olistico, di considerare gli studenti come persone e non come contenitori. E i docenti dovrebbero smetterla di vedere se stessi come “travasatori” di conoscenze e cominciare a definirsi in modo più complesso.
Se ci pensiamo, i bambini, così come gli adulti, vivono in una condizione di bulimia dell’informazione. Però, in mezzo alla tempesta conoscitiva, il soggetto in età evolutiva si ritrova debole, sprovvisto della capacità autonoma di fare sintesi e di comprendere il mondo che lo circonda e le strutture che lo regolano. E questo rappresenta un enorme fardello emotivo.
Il nostro è un contesto senza precedenti che impone la necessità stringente per chi insegna di ridefinire il proprio ruolo. Un docente oggi dovrebbe porsi quale organizzatore di senso per aiutare i bambini e i ragazzi a non smarrirsi nella selva informativa ed emotiva.
E allora il docente oggi non è solo chi comunica conoscenza, ma è anche chi aiuta l’alunno a districarsi tra i saperi per organizzarli in modo sensato; ed è anche chi sostiene l’alunno nel suo bisogno di riconoscere le emozioni e saperle gestire.
A volte basterebbe anche solo riconoscerle. “Name it to tame it” (dalle un nome per domarla), afferma Daniel Siegel, docente statunitense di psichiatria.
Allora, stare insieme a scuola senza aprire libri o quaderni per almeno un’ora a settimana non è un’eresia, ma un modo per sostenere la crescita di persone sane ed equilibrate. Non è una perdita di tempo. Anzi. A volte per guadagnare tempo bisogna accettare l’apparente paradosso di perderlo. Magari davanti ad una buona fetta di torta.