L’affascinante istruzione biologica di Sir Ken Robinson
Ha ragione Ken Robinson, docente universitario inglese, una delle voci più autorevoli al mondo in ambito educativo, quando dice che dobbiamo “cambiare metafore”.
Finché continueremo a considerare l’istruzione un “processo meccanicistico” non andremo da nessuna parte. Finché crederemo di poter semplicemente riparare un pezzo dell’ingranaggio per uscire dal vicolo cieco rimarremo nella condizione di stallo in cui versiamo da tempo. L’istruzione non è un “processo industriale”, ma un “processo biologico”. È un organismo che pulsa.
L'istruzione dedita al profitto, ai risultati, ai test, alle classifiche da scalare è come l'agricoltura industriale, con la sua ossessione per l'aumento di produzione e la conseguente artificializzazione dei processi e dei prodotti, incurante di qualsiasi esternalità. Esternalità per l’agricoltura industriale è ogni refluo che produce e del quale non si sente responsabile, anche se la cosa può arrecare seri danni all’ambiente. Allo stesso modo, per l’istruzione industriale gli alunni che non si confanno agli standard sono “esternalità” di cui non si sente responsabile e che spetta alla società gestire una volta usciti dal sistema scolastico.
L’istruzione sana, al contrario, ricorda molto da vicino l'agricoltura biologica.
L'istruzione biologica genera “benessere” olistico, poiché ha a cuore la persona nella sua interezza.
L'istruzione biologica è “ecologica”, poiché ha cura di ogni legame esistente nel processo di apprendimento, sia a livello intrapersonale che interpersonale.
L'istruzione biologica è “equa”, poiché considera preziose le qualità di tutti gli studenti.
L'istruzione biologica è un "prendersi cura" e si fonda sulla compassione, oltre che sulla competenza.
Nell’agricoltura biologica la composizione del terreno è fondamentale per lo sviluppo delle piante. Allo stesso modo, un’istruzione biologica sa che esistono ambienti che rendono impossibile la crescita delle persone, altri che la rendono stentata e altri ancora che la favoriscono.
Un insegnante furbetto o fatalista accamperà fino al pensionamento l’alibi che non ha potere di cambiare un terreno sterile e che la scuola non cambierà mai.
E invece no! Robinson è convinto che ogni insegnante abbia un certo “spazio di manovra per innovare” e innescare i cambiamenti sperati.
Anche Nancie Atwell, USA Global Teacher Price 2015, afferma che cambiare è possibile, fare innovazione è possibile e non occorre chiedere permessi a nessuno. Si può cambiare il sistema, così come si presenta oggi, dall'interno. Come lei, ne sono convinti molti altri insegnanti che hanno trovato le energie per destarsi dal torpore del “si è sempre fatto così” e hanno smesso di replicare stancamente gli schemi di sempre.
Non ci resta che provare. Prima a cambiare le metafore e poi il terreno.